A chi appartiene la vetta del monte Bianco?

A chi appartiene la vetta del monte Bianco? In Italia si dice che il confine è italo-francese, per i cugini d’oltralpe invece la cima è tutta loro. La storia però non è un’opinione, esistono trattati, esiste una prassi: su quale versante sta dunque la verità? Lo avevamo chiesto chiesto a chi a questo argomento ha dedicato una vita intera: Giorgio Aliprandi, che insieme alla moglie Laura è il massimo esperto italiano di cartografia storica alpina, in particolare relativa al Monte Bianco. I due coniugi studiano la materia dal 1986: vi riproponiamo questa intervista del 2014: nella loro casa di Milanoci hanno spiegato una volta per tutte l’annosa questione.

Diciamolo subito, a chi appartiene la cima del monte Bianco?
La cima del monte Bianco è italo-francese, però i francesi da ormai 150 anni hanno alterato il trattato dell’annessione della Savoia alla Francia nella versione del 1860. Nel 1865 infatti, senza motivo, modificarono il confine tracciando un’enclave a sud del Monte Bianco, in modo tale che la vetta risultasse interamente in territorio francese. Lo spostamento del confine poi non riguarda solo il Monte Bianco, ma anche le cime collaterali come quella del Dôme du Goûter che per loro è interamente francese. La cima del Bianco del lato francese sta in parte sotto il Comune di Chamonix, in parte sotto quello di Saint-Gervais. Questi due paesi sono storicamente in lotta fra di loro, perché Chamonix ha finito per prendersi, diciamo così, tutta la gloria, mentre Saint-Gervais è stato un po’ accantonato nonostante la via normale di salita al Bianco passi di qui. Lo Stato francese per cercare di ridurre la rivalità ha diviso la cima fra queste due frazioni, spostando il confine verso il basso, a scapito dell’italiana Val Veny. Ad ogni modo la versione illegale del 1865 è stata recepita all’estero come quella vera, e per questo ancora oggi Google Maps segna i confini secondo la cartografia francese attuale.

Il confine italiano in rosso e quello francese in blu (Carta Laura e Giorgio Aliprandi in Le Grandi Alpi nella cartografia 1482-1885, Priuli Verlucca vol II 2007)

Com’è tracciato il confine secondo la versione italiana?
Il confine italiano (linea rossa dell’immagine) è il confine giuridicamente ineccepibile, basato sulla cresta spartiacque. È un confine “naturale”, mentre quello francese (linea blu dell’immagine), che scende arbitrariamente verso sud, è un confino politico anomalo, fatto a vantaggio della Francia.

Qual è il trattato che giuridicamente fa fede?
La carta ufficiale è quella del 1860, controfirmata dai commissari italiani, o meglio al tempo piemontesi, e francesi. La carta esisteva in duplice copia: una firmata a Torino e una a Parigi. Quest’ultima i francesi dicono di averla persa durante il periodo dell’occupazione tedesca, tanto che successivamente sono venuti in Italia a visionare la nostra copia conservata all’Archivio di Stato di Torino. Tuttavia anche dopo la presa visione, non è cambiato niente. Esiste cioè un grimaldello a cui loro si attaccano per sostenere la loro tesi: quando Napoleone nel 1796, sconfisse i piemontesi fu stilato a Cherasco un trattato che assegnava la Savoia alla Francia. Nel trattato si diceva che il nuovo confine doveva passare “par les points plus avancés du coté du Piémont”. Questa frase è stata presa a bandiera anche per il confine attuale. Il trattato del 1796 tuttavia non ha valore anche in ragione di una lettera scritta nel 1860 da Napoleone III al conte Francesco Arese, un’eminenza grigia amica di Cavour. Il sovrano, su richiesta del conte, indicava come confini politici tra Italia e Francia quelli che fino ad allora erano stati i limiti amministrativi: era il limite tra il Piemonte e la Savoia, che passava dalla cresta del Bianco. Come del resto si agisce di solito con i confini sulle montagne che si tracciano lungo le creste spartiacque: significa che le acque che vanno a sud sono italiane (vanno nel Po), le acque che vanno a nord sono francesi (vanno nel Rodano).

Francesi e italiani guardano in modo diverso al Monte Bianco?
Per i francesi il Monte Bianco è cosa loro, espressione della loro “grandeur” appunto. Per gli italiani invece ha un’importanza relativa. Ecco perché il governo italiano è rimasto silente, oltre al fatto che negli anni ’60 dell’Ottocento c’erano problemi ben più urgenti da affrontare, il Risorgimento e la questione romana. Le montagne non avevano allora l’importanza che gli diamo oggi. La cosa più spiacevole è questa, che l’Italia non abbia mai protestato fino agli anni ’90, quando il deputato Luciano Caveri della Valle d’Aosta chiese alla camera dei Deputati spiegazioni di questo confine così anomalo. In risposta fu istituita una Commissione, e le cose andarono per le lunghe e sino ad oggi non si è concluso niente. Da sottolineare come non abbia mai fatto obiezioni neanche Courmayeur, a cui sono stati sottratti dai Francesi circa 400.000 metri quadri di territorio. Anzi, a Courmayeur sono indifferenti alla questione. Si prenda anche questo dato: abbiamo tenuto una conferenza sul tema del confine ad Aosta, qualche anno fa a cui sono intervenute circa 30 persone, di cui 10 militari della scuola alpina. La stessa conferenza l’abbiamo tenuta nel settembre successivo a Chamonix: c’erano 200 persone. La misura della rilevanza del problema si ha anche da questi dati. Di recente è uscito un libro (“A qui appartient le Mont-Blanc?”, La Fontaine De Siloe, 2013) del professor Paul Guichonnet, che è il loro storico maggiore delle Alpi, il quale dimostra in modo puntiglioso che la sommità è italo-francese. Il libro ha suscitato una vivace polemica e in Francia se n’è discusso molto.

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Fonte: montagna.tv – Autore articolo: Valentina d’Angella



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