La leggenda del Pizzo Scalino

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A Caspoggio lo sanno bene che il Pizzo Scalino non è una montagna, lo sanno da sempre e conoscono quale è il momento esatto in cui si manifesta nella sua vera essenza. Alla mezzanotte, quando il plenilunio imbianca lo spettrale ghiacciaio, una campana nascosta sulla vetta suona pesanti rintocchi. In quel momento la montagna diventa un grande castello che sulla cima del suo torrione inalbera una croce sfolgorante di luce nella notte.
Il maniero si illumina, si anima, mentre sul ghiacciaio corrono saettanti cavalli, montati da cavalieri, spettrali figure avvolti in neri mantelli svolazzanti.
Soltanto quando la luna arriva a toccare il profilo del cupo castello tutto ritorna lentamente nell’ombra e nel silenzio.
Ma gli abitanti di Caspoggio e i mandriani di Campascio, di Prabello, di Campagneda hanno visto ben di peggio. Nelle terribili notti in cui sulla montagna infuria la tempesta i cavalieri morti corrono sui loro scheletrici cavalli in corsa pazza sulle creste spazzate dal vento, urlando spaventosamente, scontrandosi tra loro in furibonde battaglie, illuminate dal bagliore dei fulmini. Meglio allora chiudere bene le porte della baita e ritirarsi nel letto pregando fervidamente Iddio.
A testimonianza, a valle del ghiacciaio dello Scalino, sotto il Piz Cancan, esiste ancor oggi il Plan Tempesta.

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ANDATA
Si sale con l’auto da Franscia fino quasi a Campo Moro (m.1900); dove parte il sentiero per l’alpe Campascio e Campagneda, si lascia l’auto in un piccolo parcheggio sulla destra e messi gli sci si sale per un primo tratto lungo la strada e poi lungo un largo sentiero che conduce tra i boschi fino all’alpe Campascio (m.2078), dove si possono ammirare delle bellissime baite in legno, e poi all’alpe Campagneda (m.2145); qui si può già vedere sulla destra la caratteristica ed imponente vetta del pizzo Scalino (m.3323); si procede sempre in direzione est fino a quando ci si trova sotto i ripidi bastioni del Cornetto (m.2848) da salire con prudenza se c’è troppa neve e sempre con larghe diagonali a zig zag.
Giunti così ad una specie di bocchetta si apre davanti agli occhi il ghiacciaio ed oltre il pizzo Canciano che svetta all’orizzonte; ci si porta allora sulla destra e si sale in direzione sud-est con prudenza fino al crepaccio terminale, che spesso è chiuso dalla neve e si supera con facilità. Abbandonati gli sci si può salire sulla cresta con una breve arrampicata e poi sempre in cresta ci si porta sulla cima dominata da una grande croce. Si raccomanda prudenza soprattutto nell’ultimo tratto e la dotazione di piccozza, ramponi e corda.
Strada alternativa di salita può essere quella che porta al Cornetto non per la via più ripida ma attraversando il passo di Campagneda (m.2626) da cui poi si sale a destra (dopo una breve discesa) lungo il ghiacciaio.
Il passo di Campagneda può anche diventare la meta finale di un itinerario più tranquillo e riposante. Altra variante di salita per il Cornetto, o meta finale di una breve passeggiata può essere quella che dall’Alpe Campascio porta a Prabello e al rifugio Cristina, alpeggio che d’inverno sotto la neve diventa un luogo incantato e silenzioso dove ci si aspetta di veder comparire da un momento all’altro gnomi e folletti insieme ai loro amici animali dei boschi.

RITORNO
Per la via di salita oppure se si è provveduto in merito, posizionando un auto a Selva, si può anche scendere in direzione del passo di Canciano e poi in Svizzera.
Altra possibilità è quella di scendere fino al passo di Campagneda e poi lungo la val Poschiavina fino al lago di Gera, dove però spesso è un po’ problematico per presenza di ghiaccio e accumuli di neve, l’accesso alla diga da cui si deve poi discendere fino a Campo Moro per riprendere l’auto.
Fonte: sondrioevalmalenco.it

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