Rifugio Casina di Piana

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All’alpe Piana di Grosotto, in val Grosina Occidentale a quota 1883 metri.

Gruppo Montuoso: Alpi Retiche Occidentali (Svizzera)
Valle: Val Grosina

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[toggle title=”DIFFICOLTÀ” state=”opened”]
[mks_highlight color=”#ffff66″]E – Itinerario Escursionistico [/mks_highlight]
Itinerario che si svolge su terreni di ogni genere, oppure su evidenti tracce su terreno vario (pascoli, pietraie, detriti), di solito con segnalazioni. Possono esservi brevi tratti pianeggianti o lievemente inclinati di neve residua dove, in caso di caduta, la scivolata si arresta in breve spazio e senza pericoli. Si sviluppa a volte su terreni aperti, senza sentieri ma non problematici, sempre con segnalazioni adeguate. Può avere singoli passaggi, o tratti brevi su roccia, non esposti, non faticosi ne impegnativi, grazie alla presenza di attrezzature (cavi, scalette, pioli) che però non richiedono l’uso di equipaggiamento specifico (imbragatura, ecc). Richiede un certo senso d’orientamento, una certa conoscenza ed e esperienza di ambiente alpino, allenamento alla camminata, calzature ed equipaggiamento adeguati.
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[toggle title=”ALTRE INFORMAZIONI”]

Località di partenza: Val Grosina
Quota di partenza:  1500 m | Dislivello: 380 m  |  Tempo di percorrenza: 1 ora
Periodo di Apertura: da giugno ad agosto; nelle altre stagioni è aperto un locale/ric.
Posti letto: 12 posti
Gestione:  Comune di Grosotto
Tel. +39 0342 887107
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[toggle title=”COME SI RAGGIUNGE”]
L’’Alpe di Piana, prima laterale meridionale della Val di Dosa (o Val Grosina Occidentale) è l’alpeggio più importante nel territorio del comune di Grosotto. Solitaria e discreta, è presidiata da una struttura, di proprietà del comune di Grosotto, la Casina di Piana, che funge d’estate da rifugio, nelle rimanenti stagioni da ricovero d’emergenza o di punto di appoggio per chi voglia effettuare lunghe traversate fra questi monti poco battuti, ma non privi di un fascino che li rende meritevoli di una visita non distratta. Al rifugio giunge una carrareccia, per cui si può salirvi utilizzando un fuoristrada, ma è consigliabile salire a piedi, con un paio di ore di cammino, gustando scenari e panorami che ripagano ampiamente della fatica, oppure sfruttare l’occasione per una bella pedalata in alpin-bike, su un percorso reso ostico, nella seconda parte, dalla serrata alternanza di tratti in piano e di strappi severi, ma sicuramente fra i più interessanti sul versante retico valtellinese.

Vediamo come effettuare la salita a piedi nel territorio del comune di Grosotto. Lasciamo, con l’automobile, la ss. 38 allo svincolo per Grosio e Grosotto (sulla destra, per chi da Tirano sale verso Bormio). Percorso il rettilineo che porta in prossimità della centrale di Grosio, prendiamo a sinistra, in direzione di Grosotto (m. 618), ed oltrepassiamo il celebre santuario della Beata Vergine delle Grazie, raggiungendo la chiesa parrocchiale di S. Eusebio. Qui pieghiamo a destra, salendo alla parte alta del paese, dove parte la strada che, tagliando il fianco occidentale della bassa Val Grosina, si addentra nel suo ramo occidentale (indicazioni per S. Sebastiano). Salendo per questa strada, dopo pochi tornanti passiamo a sinistra della bella chiesa di S. Sebastiano (San Bastièn, m. 764), già citata dal vescovo di Como Feliciano Ninguarda nella sua relazione sulla visita pastorale del 1589 in terra di Valtellina. Una breve sosta ci consente di visitare l’ossario che si trova sulla parte posteriore della chiesa. Leggiamo, sulla sua facciata, “Jacemus hic peste conflicti”, cioè “Giaciamo qui abbattuti dalla peste”, con riferimento alla terribile epidemia che, scatenata dal passaggio dei Lanzichenecchi nel contesto della Guerra dei Trent’Anni, fra il 1630 ed il 1632 ridusse a meno della metà la popolazione di Valtellina e Valchiavenna. Proseguendo, lasciamo sulla nostra sinistra la deviazione per i maggenghi di Piaz e Fop e, poco oltre Vedeggio (Vedècc), raggiungiamo, ad una quota approssimativa di 1000 metri, la soglia occidentale della Val Grosina. La strada passa, qui, dall’andamento nord a quello nord-ovest e, superato il solco delle valli minori de Marmolòos e de Artegiòn, raggiunge lo slargo al quale, ad una quota di circa 1180 metri, ci conviene lasciare l’automobile: da qui in poi, infatti, la carreggiata si restringe sensibilmente e gli slarghi sono in numero ridotto, il che rende problematici eventuali incroci con altri autoveicoli (un cartello avverte che la successiva carreggiata ha una larghezza di 2 metri e 20, e propone strappi con una pendenza del 20%). Dopo il primo di questi strappi raggiungiamo, quindi, a piedi gli splendidi prati sui quali riposano le baite del maggengo di Supiani (I Supièni, m. 1222), sorvegliate dalla chiesetta di S. Maria di Lourdes, edificata nel 1896. Prati splendidi per la pace dei luoghi ed il suggestivo panorama sul solco principale della Val Grosina, che mostra il grande sbarramento artificiale e, sul fondo, il Sasso Maurigno. Chi fosse salito fin qui in mountain-bike da Grosotto, calcoli che ha percorso circa 12 km. La strada inverte, qui, il suo andamento, e, per un buon tratto, caratterizzato da alcuni saliscendi, punta a sud, supera la località di Resteles (m. 1200) e raggiunge i prati di Menarolo (Menaròl, m. 1270); qui piega di nuovo a destra e propone alcuni tornanti in direzione ovest, prima di riprendere l’andamento nord, raggiungendo i prati delle località Arèc (m. 1475) e Val Deserta (m. 1490, a 14,7 km da Grosotto). Qui termina il fondo asfaltato, e la carrozzabile alterna tratti sterrati a tratti in cemento. Procediamo in parte nella fresca ombra di splendide abetaie, in parte nel luminoso scenario di prati e baite ben curate: innanzitutto i prati della località Dovere Basse (Doèri Basi, m. 1525), poi quelli di Dovere Alte (Doèri Alti, m. 1630, a 17 km da Grosotto). Questi alpeggi non mancano, nei finesettimana, della presenza discreta dei Grosottini che salgono fin qui per disintossicare mente e corpo, ed offrono un ottimo colpo d’occhio sul fianco orientale della Val Grosina: si distinguono, da sinistra, il Sasso Maurigno (m. 3062), l’affilata Cima Rossa (m. 3095) ed il monte Storile (m. 2471), che presidia il fianco sud-orientale della valle. Si scorgono anche, più a destra, sul versante orientale del fondovalle valtellinese, la cima ed il passo di Valradega. La pista piega poi gradualmente a sinistra, assumendo l’andamento verso ovest, attraversando i prati del Dosso della Croce (Doss de la Cròos), dal quale si comincia a vedere il fianco settentrionale della Val Grosina Occidentale, dominato dal centrale Sasso Campana (m. 2913), con a destra il monte Alpisella (m. 2756) ed a sinistra il Sasso Farinaccio (m. 2780). Segue uno strappo severo ed una svolta a sinistra, prima che la pista conduca al ponticello in legno che scavalca la Val Mozzana (Val di Carèti), portandoci, poi, all’alpeggio delle Carette (I Caréti, m. 1775). La pista propone altri strappi, e viene raggiunta, sulla sinistra, da una pista minore. Un cartello ci informa che si tratta del Sentiero Italia (alcuni successivi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi ce lo confermano), che giunge fin qui dall’alpe Salina (dove, a due ore di cammino dal punto in cui siamo, si trova l’omonimo bivacco Salina, che, a sua volta, dista tre ore di cammino dal rifugio Schiazzera); un secondo cartello dà la nostra meta, cioè l’alpe Piana, a 35 minuti. La pista comincia, poi, a piegare a sinistra, tagliando il fianco orientale della Valle di Piana. A monte ed a valle, uno splendido bosco di larici, con rododendri e mirtilli. Poi il bosco si dirada e scorgiamo, davanti a noi, un primo assaggio della valle, il cono regolare del monte Sussumero (Sasumèer, m. 2840). Compare, quindi, il solco della media valle, e sul lato opposto possiamo già distinguere le due baite attigue che costituiscono il complesso del rifugio. Sul fondo della valle appaiono le cime di Schiazzera (orientale, 2800 m., centrale, 2813 m., ed occidentale, 2818 m.). I versanti della valle si mostrano segnati dalle numerose slavine che d’inverno imperversano fra queste montagne. Dopo una breve discesa, scavalchiamo, su un ponte in legno, il Rio di Valle Piana (Valon de Pièna) e, dopo un breve tratto in salita, siamo alle due baite del rifugio, a 1883 metri di quota ed a 19 km da Grosotto: siamo in cammino da un paio d’ore ed abbiamo superato un dislivello in salita di circa 700 metri. Se siamo saliti da Grosotto in mountain.bike, però, il dislivello sale a 1270 metri. La prima, sempre aperta, funge da ricovero d’emergenza, con un caminetto, un tavolo e due panche. La seconda ospita dodici posti letto in brandine. Una serie di cartelli ci informa che questo è un crocevia, dove il Sentiero Italia, che procede tagliando il fianco meridionale della Val Grosina Occidentale, si incontra con quello che si addentra nella valle. Il primo (contrassegnato con il numero 201) porta all’alpe Guinzana in un’ora e 35 minuti, al Grasso di Pedruna in 2 ore e 5 minuti ed, infine, a Malghera (dove si trova il rifugio omonimo) in 2 ore e 50 minuti; il secondo, contrassegnato dal numero 249, porta, in direzione dell’interno della valle, a Piatteda, in 50 minuti, ed al passo di Valuia in 2 ore e 30 minuti, mentre percorso nella direzione opposta (nella quale coincide, per un tratto, con il Sentiero Italia) conduce a Presacce (Presàsci, sul fondovalle della media Val Grosina Occidentale) in un’ora. Per chi percorre il Sentiero Italia (n. 201) in direzione opposta alla nostra, infine, le indicazioni sono le seguenti: Carette è data a 25 minuti, l’alpe Salina a 2 ore e 30 minuti e Schiazzera a 5 ore e 20 minuti. Vediamo, per completezza, come si può raggiungere il rifugio Casina di Piana sfruttando la carrozzabile della Val Grosina Occidentale, e quindi partendo da Grosio. In questo caso si imbocca la strada per la Val Grosina, oltrepassando Ravoledo e S. Giacomo e raggiungendo Fusino (m. 1203), dove si lascia la strada principale e si devia a sinistra, scendendo allo sbarramento artificiale sul torrente Roasco e passando sul fianco settentrionale della Val Grosina Occidentale, dove una stradina asfaltata inizia una lunga traversata che termina a Malghera. Superata la località Dossa, prima della frana, troviamo un piccolo parcheggio, al quale possiamo lasciare l’automobile, scendendo, poi, sulla sinistra, al ponte che attraversa il Roasco occidentale. Saliamo, quindi, sul versante opposto, alle baite di Presacce (m. 1433), seguendo il tratturo sulla sinistra che porta alle baite di quota 1486, per poi entrare nel bosco e risalire il fianco occidentale della Valle di Piana, congiungendosi con il Sentiero Italia e conducendo al rifugio. In questo caso il dislivello da affrontare è minore (m. 460), ed il tempo di percorrenza scende a circa un’ora e 20 minuti di cammino; si tenga, però, presente che questo itinerario ha un valore panoramico nettamente inferiore rispetto al primo proposto. All’alpe Piana possiamo riposare, rievocando una nota leggenda legata a questi luoghi, quella del drago dell’Alpe Piana. Un tempo quest’alpe era ricca di armenti e pastori. La sua condizione florida e felice venne, però, compromessa dall’apparizione, improvvisa e terribile, di un dragone mostruoso, come non se n’era mai visto uno fra le montagne della Valtellina: aveva tre teste, dalle quali sputava fiamme. Venne, non si sa da dove, ed i pastori fuggirono tutti, terrorizzati, lasciando che facesse a pezzi le mandrie. L’alpe divenne, quindi, un luogo deserto, nel quale nessuno osava più avventurarsi. Tennero consiglio, dunque, gli abitanti di Grosso e Grosotto, vincendo la fiera rivalità che li divideva, ma non riuscirono ad accordarsi. Poi, finalmente, si raccolsero, a fatica, le risorse per pagare un esercito da scagliare contro il drago, ma fra la schiera di armati, durante la marcia, non si sa bene come e perché, scoppiarono liti e risse, ed i valorosi guerrieri si dispersero, portandosi via il compenso già intascato. Venne, quindi, anche lui da un luogo ignoto, un giovane biondo, bello, forte e coraggioso, che, conosciuto il flagello dell’alpe Piana, si offrì di sconfiggere il mostro. Anche a lui Grosini e Grosottini versarono oro e gioielli, convinti che quel cavaliere così fiero e nobile d’aspetto avrebbe portato a compimento l’impresa. Invece sparì pure lui, e con lui oro e gioielli. La gente cominciò a sospettare della faccenda: don Lucio propose di non pagare più alcun cialtrone, ma di ingrassare un toro possente, per scagliarlo poi contro il drago. Così fecero, ed il toro, che aveva raggiunto una mole enorme, venne portato all’imbocco della valle, perché sconfiggesse quell’essere mostruoso. Ma, invece di scagliarsi contro di lui, il toro gli si rivolse con queste parole: “Io sono una bestia come te, e mi mandano a morire: non uccidere me, ma prenditela con quelli che si sono arricchiti approfittando della tua presenza”. Non si sa come, né perché, ma la storia finì così: il toro tornò indietro illeso, il drago sparì, così come era venuto, all’improvviso e senza lasciar tracce, e di lui rimase solo il ricordo che venne tramandano dai pastori che ripopolarono l’alpe. Bella storia, piena di contenuti istruttivi.
Fonte: waltellina.com | Autore: M. Dei Cas

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