La leggenda del Lago Subiolo

Si narra che il lago di Subiolo, in Val Stagna, sia un luogo abitato da Fate e da altri spiriti, che nottetempo si manifestano con canti, lamenti, a volte grida e sibili inquietanti. Pare, tra l’altro, che lo stesso nome del lago derivi da questi strani rumori, simili al suono dello zufolo, detto in dialetto locale “subio”. E ciò che si narra non è pura fantasia. Molti abitanti dei paesi vicini, o i loro antenati, che per caso o per sfortuna si sono trovati a passare per di lì quando il sole era ormai calato, raccontano di suoni incantanti e incontri incredibili.

Una sera, un giovane falegname ritornava sul tardi alla sua casa, vicina al ponte Subiolo, dopo aver fatto visita alla fidanzata. Improvvisamente si sentì ripetutamente chiamare per nome… Con sorpresa, e quasi sgomento, si accorse che un gruppo di Fate danzava sulle acque del lago, alla luce dei raggi lunari.

“Vieni con noi – gli dicevano – tu non hai mai provato la felicità che ti offriamo, vieni a danzare con noi finché splende la luna.” “No, no – rispose il giovane terrorizzato – laggiù c’è l’acqua e se scendo annegherò”.

“Hai paura? – gli chiesero le Fate ridendo – Allora guarda, l’acqua è sparita. Vieni”!
Con un incantesimo il lago era sparito. Anche i sassolini del fondo erano asciutti e i massi rivestiti di muschio si porgevano alle fate come soffici divani. “No, no!” ripetè il giovane. Ma, come soggiogato, non poteva staccarsi dal parapetto del ponte. “Non vuoi? Forza, coraggio, danzando con noi ti dimenticherai di tutto e resterà solo la felicità”. Le Fate ripresero a chiamarlo, ma il giovane non cedette alla tentazione.

“Ebbene – dissero infine quegli esseri eterei in coro – per la tua virtù e perché tu abbia a ricordarti di noi, ti offriamo una grazia. Chiedi ciò che vuoi”.

Egli, tremante, domandò: “Che io possa con le mie mani eseguire qualunque lavoro d’intaglio”.

“Concessa – si sentì rispondere dalle fate -. Ma non sarai mai ricco!”

Alla mente del falegname balenò l’idea di opere grandiose, mentre l’acqua tornava ad uscire impetuosa e spumeggiante dal laghetto, le fronde dei faggi stormivano per il vento e la montagna proiettava immobile la sua ombra nascondendo la luna, calata dietro la cima.

Le Fate erano sparite. Da quel giorno il giovane falegname realizzò meravigliose opere in legno, di rara bellezza, per tutte le chiese del paese e di altri villaggi vicini. Morì povero come era vissuto e come gli avevano predetto le Fate, ma molto, molto felice.

Fonte: troppofunghi.com – Foto: Credits flavioturchet.com

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